Le competenze relazionali nelle organizzazioni: struttura profonda della relazione e dell’apprendimento
La progressiva valorizzazione della dimensione relazionale nelle organizzazioni si è affermata con lo sviluppo e la sempre maggiore diffusione nella psicologia delle organizzazioni di prospettive interpersonali, intersoggettive e di campo relazionale dove l’individuo non è mai ritenuto il solo autore di un evento relazionale ma è la coppia leader/follower, o il gruppo, che condividendo una spazio relazionale, co-costruisce una propria realtà di convivenza su cui agisce/interagisce negoziando in modo inconscio ogni volta i significati, le immagini e le possibili azioni. La realtà relazionale è uno spazio in continuo divenire, non sempre prevedibile, data le implicazioni anche a livello fisiologico di sistemi neuronali non gestiti dalla consapevolezza individuale. Per questo motivo non convincono mai fino in fondo certi corsi sulle competenze relazionali, dove si insegna a comportarsi nei modi giusti in determinate circostanze e dove si promuovono determinati comportamenti in altre situazioni, dove la conoscenza è ridotta a mera informazione e i comportamenti comunicativi immaginati come eventi semplificati. Se la vita relazionale fosse così prevedibile veramente una formazione potrebbe cambiarci la vita, ma non ci sarebbero più le infinite possibilità di sviluppo e le turbolenze nelle relazioni del lavoro e nella vita che tutti noi continuamente incontriamo.
La formazione in questi contesti presuppone una pratica della conoscenza che “richiede un approccio e una disposizione più simili a un orientamento mistery-driven, capace di lasciarsi andare all’ascolto e di sentire in situazione, piuttosto che problem-driven ” come dicono Scaratti e Ripamonti (2009) riferendosi alla gestione della conoscenza nelle organizzazioni. Dobbiamo partire quindi dal presupposto che promuovere le competenze relazionali negli individui, significhi sviluppare la possibilità di stare in relazione con l’altro, rispettando ciò che di autentico e consapevole percepiamo dentro di noi, riuscendo nello stesso tempo ad abitare il piccolo cosmo che l’altro in quel momento ci induce a immaginare e costruire con lui in un atto creativo, che costruisce immagini e significati generati da quella specifica relazione, riuscendo in questo campo intersoggettivo a tollerare l’incertezza della proposta di cambiamento di prospettiva che l’altro ci propone, poiché “la personalità umana, in presenza di appropriate condizioni relazionali, possiede la straordinaria capacità di negoziare simultaneamente stabilità e cambiamento” (Bromberg 2007).
Le competenze relazionali funzionali all’organizzazione e alla vita quotidiana, nell’epoca della società liquida, come Zygmunt Bauman chiama la nostra contemporaneità , debbono necessariamente fare i conti con la flessibilità, l’instabilità degli elementi organizzativi e gruppali, luoghi, modi e persone che cambiano continuamente assetto e prospettive, e il singolo individuo che non è attrezzato per mutare forme relazionali e negoziare il cambiamento continuo, può perdere quel raro elemento energetico che è l’anima stessa della leadership, o affogare nel mare dell’incertezza colma di ansie o della sua ancor più pericolosa antagonista, la rigidità, tipiche reazioni di fronte all’impossibilità di vivere la relazione con l’altro come uno spazio potenziale condiviso dove si possano costruire nuovi significati e nuove forme di vita organizzativa.
La fiducia in uno spazio potenziale condiviso nella comunicazione, a livello di strutture profonde della mente, e della sua relazione con l’apprendimento, aspetto essenziale per l’innovazione nelle imprese, è confortata dalle recenti ricerche delle neuroscienze sui neuroni specchio dei noti scienziati italiani Gallese e Rizzolatti. Gli studi sui neuroni specchio, sulla simulazione incarnata e l’apprendimento imitativo, indicano come l’uomo nasca fornito di un sistema biologico, fatto di particolari siti corticali, che si attivano con la stessa configurazione sia durante l’esecuzione che durante l’osservazione di azioni su oggetti o azioni comunicative, e anche durante l’esperienza o l’osservazione di emozioni o sensazioni. L’implicazione di questi studi sperimentali delle neuroscienze è di particolare importanza per la vita relazionale e per tutto ciò che riguarda i meccanismi di apprendimento dei modi di essere nella vita sociale, di sperimentare emozioni in particolari situazioni, anche nelle relazioni legate a funzioni di ruolo, per cui un reale cambiamento nei rapporti tra manager e collaboratori o nelle relazioni all’interno di un team, ha come presupposto la possibilità di avere o assistere a esperienze realmente diverse, sperimentare cioè on the job emozioni e relazioni mature ed evolute.
Le competenze relazionali sono quelle con il maggiore scarto tra conoscenze tacite ed esplicite nell’organizzazione, vivono il loro potere trasformativo nei diversi microcosmi aziendali, nelle stanze abitate da uomini e donne disposti a vivere in climi instabili, turbolenti ed esposti, ma disponibili al calore dell’elemento affettivo, dove ancora come un tempo la possibilità di sbagliare, l’errore (ancora orrore) è fonte di incursioni nel mistero e nel buio di una caverna che da millenni proietta ombre e luci sulla nostra capacità di conoscere.
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Rossella Renzini
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